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2026 – Gulliver



P R E M E S S A

La “Ricerca del Mondo perfetto” nasce dalla fortuita combinazione di eventi avvenuti 2023, mentre mi trovavo nel sud della Francia con mia moglie Daniela, per una serie di reportage, tra i quali la fioritura della lavanda.

In quella occasione ci siamo ritagliati una giornata da dedicare a Nizza, la quinta città più popolosa della Francia.

Lasciando le sue imponenti arterie di comunicazione di ispirazione haussmanniana, ci siamo immersi nella “Vieux Nice”, il quartiere dell’ antico centro storico, “perdendoci” nel suo dedalo di strade.

Ogni viuzza era una scoperta: tutte simili, nessuna uguale. Ognuna mostrava qualcosa che la differenziava dall’altra, sia negli odori, a volte forti e poco gradevoli, che nell’ estetica, ma tutto plasmato ed incastrato perfettamente nel mirino della mia fotocamera a telemetro ed al suo 35mm, matrimonio che li lega da anni in un abbraccio ormai diventato inscindibile sia per la mia logica fotografica e la mia pigrizia, che per le leggi della meccanica e della chimica (corrosione galvanica).

In uno di questi intrecci della “Vieux Nice” dove le anguste stradine formavano una biforcazione, lo scenario che appariva ai miei occhi era surreale, mi catapultava di colpo nel XX° secolo: un senza tetto dormiva su di un fianco con la testa su una bottiglia vuota a mo’ di cuscino e portava al polso un classico bracciale in plastica, di quelli che ti applicano negli ospedali in occasione di un ricovero. Riposava con un’altra bottiglia più piccola al suo fianco, a ridosso di un chiusino per le acque piovane che, senza grosse difficoltà, sapeva come farsi notare per il suo “alito” pungente.

Il tutto avveniva nella totale indifferenza dei nizzardi, intenti a consumare le loro ordinazioni, e dei gestori che riposizionavano le loro insegne, una delle quali , in modo quasi paradossale, offriva degustazioni gratuite di gallette al cioccolato.

Documentando questa scena la mente mi aveva riportato ad una frase, letta per la prima volta su uno dei libri universitari di mia figlia Eleonora, coniata dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, originariamente riferita all’etica del lavoro nella società globale. Tale frase sembrava calzare a pennello con quello che mi si presentava  davanti:

“Normalmente si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo. La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli.”

In quello stesso istante ho maturato l’idea di realizzare un reportage totalmente differente da quelli recentemente pubblicati: “Vissi d’Arte”,  omaggio alla grandezza dell’intelletto umano nel mondo delle arti, delle professioni e del lavoro manuale;  “L’Occhio del Tempo”, nostalgica interpretazione artistica della natura che si riappropria prepotentemente degli spazi che l’uomo le ha sottratto.

Il nuovo progetto doveva parlare di sociale, cultura, inclusione, legalità, amore, passione, libertà, una finestra sul XXI ° secolo con le sue bellezze, positività, eccellenze ma anche con le tante contraddizioni, tipiche del genere umano. Un lavoro che avrebbe dovuto risvegliare le coscienze su tematiche sociali; magari ispirare, motivare e coinvolgere, soprattutto i giovani, sempre più numerosi alle mie mostre fotografiche anche grazie alla presenza di molte scolaresche.

Il tutto decisamente ambizioso, perché trasmettere su fotografia le proprie emozioni e sensazioni, sperando che anche gli altri possano interpretarle e, soprattutto, apprezzarle si rivelava, almeno sulla carta, complicato.

Inoltre servivano le idee!

Sapevo in partenza che avrei dovuto stravolgere il mio approccio alla fotografia. Sarebbe stata una grande sfida ma anche un grosso rischio. Sarei dovuto scendere a compromessi con tecniche fotografiche differenti tra loro:

  • l’approccio classico o reportage che mi ha sempre contraddistinto a livello artistico, avrebbe svolto il ruolo primario della narrazione, soprattutto con la rappresentazione visiva della cultura attraverso i libri ed i lettori ed il sistema educativo di istruzione e di formazione delle nuove generazioni;
  • la “street photography“ avrebbe avuto il compito di riflettere aspetti della vita sociale, delle emozioni e delle dinamiche umane mostrando una realtà neorealistica dai toni a volte drammatici, nella rappresentazione delle condizioni sociali ed economiche delle classi meno abbienti;
  • la fotografia posata, antitesi del reportage e soprattutto della street photography avrebbe messo in evidenza, con l’uso della retorica visiva, proprio quegli aspetti contraddittori e decisamente negativi del genere umano come la violenza, la guerra, le discriminazioni la legalità.

Il viaggio alla ricerca del Mondo perf(e)tto era appena iniziato!

Nei mesi ed anni successivi ho dedicato moltissimo tempo alla pianificazione del lavoro, annotando ogni idea, intuizione e concentrando inizialmente il lavoro sul sistema educativo di istruzione e di formazione dai più piccoli, con le scuole pubbliche per l’infanzia e le associazioni di volontariato con le iniziative di “Nati per leggere” ed il “Kamishibai” fino alle eccellenze universitarie, passando per tutti gli altri gradi di istruzione. Il perché è presto detto: questo viaggio non poteva non includere l’istruzione e quindi la cultura, fondamenta su cui poggia una società civile. Se avessi fallito nell’ottenere le autorizzazioni  per questi scatti, non avrebbe avuto alcun senso continuare con tutto il resto del progetto.

Sfruttando le occasioni che mi si presentavano davanti il lavoi si arricchiva di nuovo materiale. Si arricchiva il progetto, mi arricchivo io con esperienze, conoscenze ed una visione della vita da un’altra prospettiva: quella degli altri, a volte dei più deboli.

La locuzione latina “Carpe diem” mi ha accompagnato per tutto il viaggio. Non è pensabile dar vita ad un progetto del genere se non si coglie l’attimo, l’occasione che si prospetta davanti per la quale, a volte hai soltanto una frazione di secondo per decidere e, magari, la fotocamera pronta. Tanto per citarne alcune: ad una mia mostra ho avuto il piacere di avere tra i visitatori la Sindaca del Comune di Altopascio, Sara D’Ambrosio, e parlando di inclusione sociale e del mio nuovo progetto, mi mostrava un video in cui alcuni ospiti del centro anziani della sua città giocavano al calcio balilla (biliardino) con i ragazzi delle scuole medie, dando vita ad un fantastico torneo che vedeva contrapposte persone molto avanti con l’età e ragazzi adolescenti. Un bellissimo esempio di inclusione e aggregazione sociale tra generazioni distanti anni luce, accomunate non da un telefonico videogioco o una da  diavoleria del XXI secolo ma da un semplice gioco inventato più di 100 anni fa. Rimasto affascinato da questa iniziativa ho chiesto  di poterla documentare e magari pubblicare. Ora è presente in questo viaggio a cui si sono aggiunte anche altre iniziative simili che quella Sindaca, estremamente sensibile a queste tematiche, pone come prioritarie nella sua gestione amministrativa.

Parlando di cultura svetta su tutti “SAPERE AUDE” (esortazione latina, – “abbi il coraggio di conoscere!”) che è il titolo del murale di Piskv, commissionato dalla Rai, nell’ottobre 2024, come omaggio al conduttore e divulgatore scientifico di fama mondiale Piero Angela, scomparso nel 2022. L’opera, che ho fotografato nel febbraio 2025,  si trova nel centro storico di Torino, a due passi dalla Mole Antonelliana, su una facciata della storica sede della Rai. Questo è il classico esempio dove uno scatto di estrema semplicità assume il significato che l’artista si era proposto, un esempio di retorica visiva direttamente offerto dalla strada, amplificato e impreziosito dalla presenza umana che ne ha rivelato tutta la sua dirompente potenza comunicativa. Una delle rare occasioni dove è la stessa street photography a proporci una retorica visiva – Ora sta a voi interpretarlo!

Tra le tematiche sociali di forte impatto non poteva mancare la guerra, prepotentemente presente in questo delicatissimo periodo storico e qui mi vengono in mente un paio di citazioni che hanno ispirato alcuni miei scatti: la frase pronunciata dal Sergente Maggiore Hartman, nel film “Full Metal Jacket” – diretto e prodotto da Stanley Kubrick che a prima vista può sembrare ironica ma se ben interpretata mostra tutti i lati oscuri delle guerre:

“È un mondo spietato, figliolo! Bisogna tener duro fino a quando passerà questa mania della pace!”;

e quella più razionale del famosissimo poeta cileno già premio Nobel per la letteratura, Pablo Neruda:

“Le guerre sono fatte da persone che uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono”.

Ma non solo la guerra: il razzismo, l’immigrazione, i diritti umani,  la legalità, la libertà, la responsabilità civile e la sicurezza stradale sono i tempi che ho cercato di portare all’attenzione dell’opinione pubblica, con questo reportage dal Mondo, dove emerge tra tutte, la toccante fotografia di una giovane madre  intenta alla cura del giardino allestito  per il figlio, sul luogo dove perse la vita a soli 20 anni.

Il razzismo spiegato ad un adulto

Perché Gulliver? 

Il capolavoro “I viaggi di Gulliver” dello scrittore inglese Jonathan Swift, che per pura coincidenza compie esattamente 300 anni dalla data di prima pubblicazione, è organizzato in quattro parti diverse. Ogni parte dedicata a un viaggio descrive una società abitata da personaggi fantastici in cui invano Gulliver cerca di ambientarsi. Il protagonista, così come me, è alla ricerca di un Mondo utopico, un mondo da contrapporre ai non pochi difetti dell’attuale società moderna.
Nel libro di Jonathan Swift la ricerca di questo “Mondo perfetto” si rivela una disfatta, nel mio reportage, invece, lascio libera interpretazione, secondo la logica che il Mondo, le cose e gli eventi, così come da me rappresentati fotograficamente, possono essere analizzati ed interpretati da diversi punti di vista, ognuno dei quali concorre a comprenderne meglio la realtà. Ciò equivale a pensare che non esiste un modo di vedere il Mondo che sia uguale per tutti.

Perché il bianco e nero?

Alla forza dirompente ed espressiva del bianco e nero ho affidato il mio lavoro, perchè riesce a rendere l’ordinario straordinario. La sua forza sta nella sua semplicità e nella sua potenza emotiva. Le emozioni si amplificano, ci obbliga a osservare attentamente l’intera scena e scovare anche i più piccoli particolari, quelli che poi permettono all’immagine stessa di rivelare la sua anima.

Qui riporto la citazione del fotografo inglese – Bill Brandt  – frase che più mi rappresenta nella scelta del bianco e nero, per questo specifico reportage:

Nella fotografia a colori c’è tutto il mondo;
nella fotografia in bianco e nero c’è solo il Mondo che scegli di vedere

Tra parole e immagini

Durante il viaggio sarete accompagnati da frasi, versi, testi e citazioni, (presenti sia in mostra che sul volume fotografico stampato e acquistabile) di scrittori, poeti, artisti e scienziati che con la loro arte hanno contribuito a rendere il Mondo un posto migliore, così da creare un dialogo tra fotografia e scrittura, due forme di espressione artistica che si completano a vicenda per narrare, documentare e magari emozionare.

Mi auguro che in questo percorso, fatto di fotografie che rivelano il nostro tempo, possiate trovare risposta a cosa accade al di fuori di quel rettangolo magico che noi fotografi chiamiamo inquadratura, ma la “risposta” di cosa resterà dopo ogni scatto, potrete trovarla solo dentro di voi perché in ogni fotografia  “puoi vedere quello che scegli di vedere”.

Buona visione

Dantès (Dante Luci)